"Il cinema dev'essere spettacolo, è questo che il pubblico vuole. E per me lo spettacolo più bello è quello del mito". Sergio Leone (Italia, 1929-1989), è stato senza dubbio l'inventore oltre che il maggior esponente del "western all'italiana", meglio conosciuto come "spaghetti-western", genere sicuramente tra i più imitati. Celebrato per la sua qualità dagli stessi americani (che dell'argomento ne sanno parecchio!) è doveroso sottolineare che lo spaghetti-western, insieme al neorealismo, alla commedia e all'horror all'italiana, fu un filone di rilevanza internazionale! Ma il messaggio cinematografico di Leone, non si limita ad un cinema minore come quello western: ha influenzato centinaia di autori del panorama mondiale, dai colleghi contemporanei fino alle ultimissime leve. Jan Kounen, per il suo feroce "Doberman" ha dichiarato:"Il mio film di riferimento è «Il buono, il brutto, il cattivo» di Sergio Leone, con la sua amoralità paradossale e il suo gusto della beffa".
Leone era figlio di Roberto Roberti, regista-pioniere dell'industria cinematografica italiana ai tempi del muto e di Bice Walerian, attrice. Cresciuto praticamente a Cinecittà, rivela una stupefacente abilità tecnica nel girare per i colossal dei mitici anni cinquanta le scene di battaglia e le sequenze di massa, qualedirettore della seconda unità. Vanta collaborazioni in "Quo Vadis?" di Mervyn Le Roy, primo dei grandi film storici realizzati in Italia, "Elena di Troia" di Robert Wise, e "Ben Hur" di William Wyler. Assistente alla regia ma anche sceneggiatore per "Gli ultimi giorni di Pompei" di Mario Bonnard, una super produzione fallimentare, colossal tutto italiano spettacolare e grandioso, Sergio Leone dovette trasformarsi in regista per sostituire Bonnard ammalato.
La prima regia ufficiale però è "Il colosso di Rodi" che rivela un cineasta dal sicuro gusto per lo spettacolo e padronanza tecnica assoluta. Con la cosiddetta "trilogia del dollaro" ("Per un pugno di dollari", "Per qualche dollaro in più" e "Il buono, il brutto, il cattivo"), Leone si inventa un nuovo cinema caratterizzato da sceneggiature violente e intrise di ironia, montaggio serrato, sequenze con lunghi silenzi carichi di contenuto e senza nessun eroe! "Per un pugno di dollari", firmato con lo pseudonimo di Bob Robertson, perché solo un nome americano garantiva l'autenticità del genere, è successo strepitoso, uno dei massimi del cinema italiano. Ispirato a "La sfida dei samurai" di Akira Kurosawa è stato accusato e condannato di plagio. Girato con pochissimi mezzi ma con una stupefacente abilità è impregnato di suspance, di violenza come brutalità pura, di sadismo di killer spietati e di personaggi cinici e cattivi; quindi non più storie di indiani, di colonizzazioni e di amore, come ci avevano abituato gli americani. È un western bruto e polveroso, senza interpreti femminili, con una strana colonna sonora realizzata con chitarre. L'assenza di un eroe, inoltre, introduce un'altra novità, e cioè la mancanza di confini tra il bene e il male che di solito permette di distinguere i protagonisti. La violenza raccontata, molto più cruda che nei precedenti western (sangue che sgorga dai corpi delle vittime e soprattutto vittime e assassini inquadrati per la prima volta insieme),ne ha decretato il successo planetario (3 miliardi di incassi a fronte di un costo di circa 120 milioni). È questa quindi la ricetta del successo critico e di sala. Una curiosità: Ennio Morricone alla colonna sonora si firma Don Savio e quasi tutta la troupe italiana si è dovuta cambiare nome. Il successo è merito anche dei produttori che, fortunatamente disattenti, hanno permesso una lavorazione in assoluta libertà. Con il successivo "Per qualche dollaro in più" l'aria non cambia; un cast solo leggermente modificato per avventure e sanguinose sparatorie come tema principale e scenari sempre aridi, desolati e polverulenti. È una sorta di evoluzione del film precedente di cui possiede ancora molti elementi, a cominciare dai contrasti tra le inquadrature lunghissime e i primissimi piani dei protagonisti, cui vengono aggiunti alcune novità basilari come il flashback. Chiude la "trilogia del dollaro" con "Il buono, il brutto, il cattivo" pietra miliare del western italiano; è la storia di tre avventurieri che durante la guerra di secessione, sono all'inseguimento di un carico d'oro scomparso. Il tutto si conclude in un cimitero con il famosissimo "triello" (ovvero un duello a tre) con una sequenza che, non solo ha fatto scuola, ma soprattutto è diventata mito cinematografico. Muore il cattivo (Lee Van Cleef), trionfano il buono (Clint Eastwood) e il brutto (Elì Wallach). È del 1968 l'epico "C'era una volta il West" con soggetto firmato dallo stesso Leone, da Bernardo Bertolucci e Dario Argento e sceneggiato da Sergio Donati e Leone stesso; capolavoro assoluto e cervellotico di montaggio, scene d'azione, musica (il solito Morricone) e immagini. Leone ottiene dalla Paramount, grazie alla sua fama che ha raggiunto livelli internazionali, carta bianca per un film "americano" che vede la partecipazione (nell'inedito ruolo di un cattivo) di un mito hollywoodiano come Henry Fonda. Considerato il suo capolavoro, all'epoca, tuttavia, fu un mezzo fallimento economico perché il pubblico non era pronto ad un'esperienza visiva tanto forte, originale e lunga. La sola apparizione dei titoli durava quasi mezz'ora e spinse la major, per il mercato statunitense, a tagliare 25 minuti di pellicola con il risultato di rendere la trama quasi incomprensibile. Chiude la produzione western "Giù la testa", incredibilmente zeppo di sequenze d'antologia ma nonostante ciò di minor successo, più per colpa della grandezza dei lavori precedenti che per demeriti propri.
Negli anni '70 il maestro italiano si dedica alla produzione e alla preparazione (durata tredici anni!) della sua opera assoluta "C'era una volta in America", tre ore e quaranta di durata. Si racconta della saga di una famiglia newyorkese dalla nascita alla sua distruzione, attraverso la vita di due amici gangsters. Interpretato da attori superlativi tra cui, Robert De Niro e James Wood, Sergio Leone con la forza di sempre e la solita regia magistrale rende il tutto «epico». La fotografia è di Tonino Delli Colli, la musica di Ennio Morricone, i costumi di Gabriella Pescucci e il montaggio di Nino Baragli. È un opera assolutamente originale che costituisce la sintesi più completa della sua arte; costata oltre 60 miliardi di lire ha impegnato 3 anni per la lavorazione, più gli oltre 10 anni di preparazione. La versione Usa, ridotta a due ore dalla produzione è stata un solenne fiasco."Quando scatta in me l'idea di un nuovo film ne vengo totalmente assorbito e vivo maniacalmente per quell'idea. Mangio e penso al film, cammino e penso al film, vado al cinema e non vedo il film ma vedo il mio...", "Non ho mai visto De Niro sul set ma sempre il mio Noodles. Sono certo di aver fatto con lui "C'era una volta il mio cinema", più che "C'era una volta in America".
Sergio Leone, è morto improvvisamente per un attacco cardiaco nel 1989 mentre preparava un kolossal sulla battaglia di Leningrado. Per concludere, Clint Eastwood nel ricevere l'Oscar 1993 per il film "Gli spietati" ha voluto ricordare le due figure che più di tutte hanno forgiato il suo stile davanti e dietro la macchina da presa: Don Siegel e... Sergio Leone.
Filmografia:
"Gli ultimi giorni di Pompei", 1959;
"Il colosso di Rodi", 1960;
"Sodoma e Gomorra" di Robert Aldrich (Leone è regista della seconda unità e delle scene di battaglia), 1962;
"Per un pugno di dollari", 1964;
"Per qualche dollaro in più", 1965;
"Il buono, il brutto, il cattivo", 1966;
"C'era una volta il West", 1968 (esiste una recente edizione "C'era una volta il West - The director's cut" prodotta da Tele Più e il Centro Sperimentale di Cinematografia);
"Giù la testa", 1971 (esiste una versione integrale restaurata prodotta da Tele Più e il Centro Sperimentale di Cinematografia);
"C'era una volta in America", 1984.